L’intervento di ricostruzione mammaria va interpretato come momento integrante dell’iter terapeutico del carcinoma mammario e conseguente mastectomia (asportazione della mammella).
Nessun intervento di ricostruzione mammaria può consentire l’ottenimento di una mammella identica alla controlaterale indenne. La finalità della ricostruzione mammaria è quella di ottenere una neo-mammella simile alla controlaterale sia per forma sia per volume. La ricostruzione mammaria è basata sulla soluzione di quattro distinti problemi:
– ripristino dei tessuti cutanei e sottocutanei toracici;
– creazione del rilievo mammario;
– ricostruzione del complesso areola-capezzolo;
– simmetrizzazione della mammella contro laterale, solo se necessaria.
Il tipo di ricostruzione dipende dalla qualità e dalla quantità dei tessuti residui ed in particolare:
– dalla disposizione delle cicatrici;
– dallo spessore del tessuto sottocutaneo;
– dalla elasticità della cute;
– dalla presenza del piano muscolare sottostante.
Deve essere considerato l’eventuale trattamento radio e/o chemioterapico.
L’iter ricostruttivo può essere iniziato contestualmente all’intervento di mastectomia. Tale scelta, praticata quasi sempre, va effettuata considerando in particolare la prognosi a medio-lungo termine e le condizioni generali di salute.
Grazie alla prevenzione ed alle più recenti acquisizioni in campo oncologico, radioterapico e farmacologico, sempre più spesso si praticano di routine interventi meno demolitivi rispetto al passato, quasi sempre con conservazione del muscolo grande pettorale ed impostati in modo da lasciare come esito una cicatrice il più piccola possibile e, quando possibile, conservando il complesso areola capezzolo. Solo in pochi casi, ormai, l’asportazione del cancro mammario comporta l’asportazione radicale ed estesa della mammella e quindi la necessità di provvedere alla ricostruzione mediante trasposizione di tessuto cutaneo e/o muscolare da altri distretti corporei (lembo dal dorso, lembo dall’addome, lembo dal gluteo).
RICOSTRUZIONE MAMMARIA IMMMEDIATA
Il ripristino della nuova mammella avviene contestualmente all’intervento di asportazione del tumore e si realizza mediante l’inserimento di una protesi in sede retromuscolare (al di sotto del muscolo gran pettorale e, possibilmente, sotto fasciale lateralmente ed inferiormente).
La protesi può essere provvisoria, cioè un espansore mammario, o definitiva e non richiedere quindi altri interventi.
Nel primo caso, sarà da prevedere un secondo intervento a distanza di alcuni mesi per sostituire l’espansione con una protesi definitiva di forma e dimensioni simili alla mammella controlaterale.
Nel secondo caso, la mammella da ricostruire dovrà essere di dimensioni medio-piccole e l’impianto della protesi può essere associato all’utilizzo di un rinforzo inferiore costituito da una matrice biologica.
Si parlerà quindi di primo tempo ricostruttivo in cui, contestualmente all’intervento di mastectomia, si effettua l’impianto di una protesi temporanea detta espansore mammario in sede retromuscolare (al di sotto del muscolo gran pettorale e, possibilmente, sotto fasciale lateralmente).
L’espansore mammario è costituito da un “palloncino” di silicone, il cui progressivo riempimento consente, nel corso dei mesi successivi all’impianto, di “espandere” i tessuti della mammella residua e quindi di impiantare una protesi definitiva.
Il volume finale della neomammella “in espansione” deve essere maggiore di circa il 30% rispetto a quello della mammella sana. E’ pratica comune mantenere tale eccesso volumetrico per almeno sei mesi/un anno. Ciò al fine di contrastare l’elasticità dei tessuti (ivi compresa la capsula periprotesica) che inevitabilmente tenderebbe di per sè a riportare la mammella da ricostruire al volume originario. Nel corso di tale periodo la forma ed il volume della mammella “in ricostruzione” sono ben diversi rispetto a quelli della mammella sana.
Circa sei mesi/un anno dopo il suo impianto si procede alla sostituzione dell’espansore con la protesi definitiva. Il maggior problema della ricostruzione mammaria differita risiede nella difficoltà di ricreare una mammella “naturale” con una “palpabilità” il più possibile gradevole.
Per ottenere ciò ci si avvale della metodica più recente di utilizzare l’innesto adiposo autologo, prelevato dalla stessa paziente, per aumentare lo spessore dei tessuti periprotesici. Con l’evoluzione delle tecniche chirurgiche sia demolitive (mastectomia con conservazione del capezzolo) che ricostruttive (innesto adiposo autologo), sempre meno frequentemente si deve ricorrere ad un intervento di mastoplastica riduttiva e/o mastopessi a carico della mammella controlaterale al fine di renderla maggiormente simile a quella ricostruita. Queste procedure sono attualmente riservate quasi solamente a pazienti sottoposte a radioterapia adiuvante che tende a provocare nella ricostruzione con protesi un risultato ricostruttivo meno naturale.
Complicazioni postoperatorie
Dislocazione dell’espansore o della protesi
Retrazione della capsula periprotesica: si tratta di una reazione eccessiva dei tessuti alla presenza della protesi che determina l’ispessimento e la contrazione della membrana connettivale che l’organismo crea attorno alla protesi. Si verifica in una modesta percentuale di casi, in genere due-sei mesi dopo l’intervento, raramente anche a distanza di anni. Il rischio di retrazione della capsula è valutabile in circa il 5% dei casi con l’utilizzo di protesi dotate di superficie ruvida (“testurizzata”) ed è ancora minore qualora la protesi sia posizionata sotto il muscolo pettorale. Qualora la retrazione della capsula peri-protesica sia di grado marcato, può essere opportuno eseguire un intervento correttivo consistente nella sua incisione o asportazione.
Risultati
L’ottenimento di un risultato esteticamente accettabile dipende fondamentalmente dal tipo di mastectomia eseguita, dalla scelta dell’espansore e della protesi definitiva che devono essere congrui per forma e volume e dall’adeguamento della mammella controlaterale. Non esistono regole codificate per la scelta del volume di espansore e protesi: l’esperienza del chirurgo e la sua capacità di prevedere il volume finale della neomammella e della mammella controlaterale a seguito dell’intervento riduttivo di adeguamento giocano un ruolo fondamentale in tal senso.
Relativamente alla forma degli impianti è pratica corrente da circa un decina d’anni utilizzare protesi di profilo anatomico (“a goccia”), che meglio riproducono una forma per quanto possibile naturale della neomammella (polo superiore pianeggiante, polo inferiore convesso). Recentemente si utilizzano delle protesi con rivestimento in poliuretano per completare la ricostruzione nelle pazienti sottoposte a radioterapia, in quanto questa tipologia di protesi ha una maggior capacità di contrastare la contrattura capsulare che è molto più frequente nelle pazienti radio trattate.
In alcuni casi di pregressa radioterapia, non è possibile procedere subito alla sostituzione della protesi e si deve procedere con dei brevi interventi preparatori con cellule staminali autologhe per preparare i tessuti ad accogliere la protesi. L’applicabilità di questa metodica deve essere sempre discussa con l’oncologo che segue la paziente.
Cosa sono le cellule staminali?
Sono cellule che possono maturare in diverse linee cellulari ed hanno proprietà rigenerative.
Esse si possono ottenere da qualsiasi tessuto, ma devono poi essere estratte e concentrate.
In Chirurgia Plastica si utilizzano cellule staminali ottenute dal grasso aspirato e vengono utilizzate per ottenere nuovi volumi nei tessuti e la guarigione di tessuti che hanno subito un danno vascolare.
Cruciale, ai fini del risultato, è il corretto posizionamento dell’espansore, specie per quanto riguarda il solco mammario che deve, quando possibile, essere conservato dal chirurgo che effettua la mastectomia. Ogni deroga a tali principi si traduce inevitabilmente in una tendenza alla risalita della protesi, in un posizionamento eccessivamente alto del solco sottomammario ed in una forma poco naturale della neo-mammella per brevità del suo polo inferiore.
Il grasso della paziente può essere utilizzato per ricostruire la mammella in alternativa alla protesi. La tecnica ricostruttiva prevede una serie di piccoli interventi che vanno progressivamente a sostituire il volume dell’espansore con grasso fino al raggiungimento della simmetria con l’altra mammella.
In alternativa al trapianto di grasso, metodica particolarmente utile nelle pazienti sottoposte a radioterapia, è “riempire” il volume creato dall’espansore con un lembo muscolare della paziente prelevato dal dorso, dall’addome, dal gluteo o dall’interno coscia.
Ricostruzione con protesi in tempo unico.
Sempre più spesso la mastectomia prevede la conservazione di tutta la cute mammaria e del complesso areola capezzolo. Ciò permette, in casi selezionati di procedere al posizionamento di una protesi rivestita da una membrana biologica direttamente già durante l’intervento di mastectomia.
Cosa è l’ALCL?
E’ un tipo di linfoma che si è scoperto essere associato a protesi mammarie con una frequenza di 2,8 casi su 100.000 protesi impiantate. Il Ministero della Salute sta indagando se ci sia una effettiva relazione fra l’impianto e la patologia in questione e ci impone di segnalare ogni nuovo caso venga alla nostra attenzione. Non è necessario che le protesi già impiantate siano rimosse e non sono necessari controlli ulteriori o diversi da quelli effettuati fino ad ora sulle pazienti ricostruite.